Un appartamento al terzo piano di un palazzo del 1910, un magnifico ingresso affrescato, pavimenti in marmo intarsiato originale, soffitti modanati alti 4,5 metri e un balcone extra-large. Senza molti soldi ma bisognosa di una nuova casa, l’anima creativa di J.J. Martin ha dato i suoi frutti procurandole un investimento immobiliare inaspettato. Per la ristrutturazione, J.J. Martin ha affidato la casa al suo “io superiore”, al suo “io creativo”. La casa ha preso vita grazie all’amico Raimondo Garau, proprietario di un negozio vintage con il miglior gusto della città. Le soluzioni proposte da Garau partono da stupefacenti applique del 1910 alla cucina Poliform vintage del 1990 scovata dal designer e venditore nella casa di una vecchia signora di Milano. Le proposte IKEA sono state stravolte dalla designer sovrapponendo alle strutture dei materiali e dei complementi d’arredo le grafiche famose de La DoubleJ, il suo brand.

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Tutti i semi sono stati gettati mentre sedevo da sola in un appartamento buio durante la quarantena cercando di gestire la mia amata, sgusciante, azienda di moda indipendente La DoubleJ attraverso le chiamate di Zoom. Avevo un materasso sul pavimento della mia camera da letto, due lampade vintage, libri accatastati nei corridoi, e ho dovuto imparare a convivere con il vuoto e a permettere a me stessa di gestare nel vuoto – un’impresa non da poco per una massimalista verbale e visiva. Ho completato prima la stanza della meditazione, invitando illegalmente il mio amico artista Jay Lohmann a dipingere il soffitto per replicare i mosaici delle famose basiliche bizantine di Ravenna e a mettere insieme un altare tibetano vintage con la mia console italiana del 1940 e ornamenti cerimoniali balinesi. Questa stanza è diventata la mia corda di terra per una pratica spirituale che è sbocciata durante l’isolamento con il mio insegnante a Mount Shasta: mantenere la mia luce accesa mentre tutto sembrava tetro fuori di me.” 

Fonte: Architectural Digest

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La DoubleJ si è circondata di opere d’arte, stampe e campioni di tessuto parte del suo patrimonio artistico e culturale. Sulla stessa scia, la sala da pranzo è tappezzata da collage vintage rappresentanti l’Albero della Vita, mentre lo stilista Francesco Risso l’ha aiutata a ppsizionre tutte le sue collage vintage sulla parete del bagno degli ospiti. Il tocco di Dimore Studio nella figura di Emiliano Salci si vede nelle tonalità dei rossi e dei verdi, tipici dello studio di interni meneghino. I proprietari del negozio vintage Zucca di Pesaro hanno scovato le librerie laccate di B&B Italia del 1960 mentre Martina Gamboni, esperta di design PR, l’ha introdotta alla magia dei negozi vintage nascosti per gli articoli italiani dismessi, come un eccellente paio di letti di bambù per la camera degli ospiti e sedie di bambù spaiate per la sala da pranzo, abbinate a due tavoli Molteni presi dal suo ufficio. Insomma, una casa sperimentale dove molteplici anime creative si sono messe a disposizione per dare il loro miglior consiglio. E il risultato è stupefacente!